Breve viaggio nel “tempo” da Kronos a Proust, passando per Agostino e Kant

Risultati immagini per clessidraUna clessidra con un filo sottile e quasi intangibile di sabbia che scorre; Un pendolo che oscilla pazientemente richiamando di tanto in tanto l’attenzione con un suono denso di mistero; Una meridiana che proietta l’ombra prodotta dalla luce solare, le lancette di un orologio che girano inesorabili. E’ questo il tempo?

Per la mitologia greca Crono o Kronos, figlio di Urano (Cielo) e di Gea o Gaia (Terra), è titano della Fertilità, del tempo e dell’agricoltura, secondo signore del mondo e padre di Zeus e dei primi Olimpi.

Vivete come se doveste vivere in eterno, e non ponete mente a quanto tempo è già trascorso (Seneca)

È con questa frase di Lucio Anneo Seneca che vogliamo iniziare il nostro “viaggio nel tempo”, una delle tematiche che da sempre ha affascinato l’uomo.

Panta rei aveva detto il filosofo greco Eraclito di fronte all’inesorabilità del mutamento e del trascorrere del tempo.

Ma che cos’è il tempo?

Nell’XI libro de “Le Confessioni”, Agostino Vescovo di Ippona e Padre della Chiesa, analizza il problema del tempo, asserendo: “io so che cosa é il tempo, ma quando me lo chiedono non so spiegarlo”.

Entrando nello specifico Agostino afferma che le 3 dimensioni del tempo sono tre “presenti” nella nostra anima: eventi passati, presenti e futuri, infatti, sono in quanto sono presenti nella nostra anima. Il tempo invece é “distensio animi”, un distendersi dell’anima.

Ma come si “distende l’anima”?

Attraverso il ricordo, il prestare attenzione a qualcosa e l’attesa. Bisognerà dunque parlare di un presente del presente, di un presente del passato e di un presente del futuro.

Dio – afferma Agostino – ha creato il mondo non da una materia qualsiasi, ma dal nulla. Dal racconto della Genesi, infatti, si evince che egli creò anche la sostanza, non soltanto l’ordine e la disposizione delle cose. Nel momento stesso in cui Dio ha iniziato la creazione si è formato anche il tempo, egli è dunque l’iniziatore di ogni tempo”.

Ockham, a proposito del tempo, dichiara che: «tempus est illud, quo anima mensurat secundum prius, e posterius…».

Tra i grandi sostenitori dell’oggettività del tempo, vi è sicuramente Isaac Newton secondo il quale il tempo assoluto, vero, matematico, in sé e per sua natura senza relazione ad alcunché di esterno e scorre uniformemente.

Leibniz, invece, riprende e rafforza la struttura del tempo aristotelica e la applica alle sue monadi: il tempo e lo spazio sono apparenze di una realtà che si manifesta in modo diverso rispetto a come è veramente, lo spazio non è tridimensionale, il tempo non è necessariamente continuo e uniforme ma, anzi, potrebbe anche essere una costruzione mentale umana che vede come continui momenti che potrebbero tranquillamente essere separati.

Ma se Newton aveva supposto l’esistenza di uno spazio e di un tempo assoluti e Leibniz aveva negato che spazio e tempo avessero una realtà in sé stessi e aveva proposto di considerarli come semplici relazioni tra corpi, Kant affronta questo problema tentando di conciliare le due ipotesi e giunge alla soluzione che spazio e tempo non sono né una realtà oggettiva in sé stessa, né semplici relazioni tra oggetti, ma piuttosto forme a priori della sensibilità umana. Esse condizionano ogni nostra esperienza sensibile in quanto le cose ci sono presentate sempre situate all’interno di uno spazio e di un tempo.

Risultati immagini per serpente che si morde la codaLa concezione di tempo di Nietzsche si scontra aspramente con quella tradizionale dell’Occidente. Infatti, nella società cristiana occidentale il tempo è concepito come lineare così come lo vedono tendenzialmente le scienze. Friedrich Wilhelm Nietzsche scardina in modo rivoluzionario questa visione parlando di una circolarità del tempo, introducendo il concetto di eterno ritorno dell’identico.

Anche Bergson, uno dei più noti rappresentanti dello spiritualismo francese, approfondisce la tematica del tempo e lo fa distinguendo tra TEMPO SPAZIALIZZATO (quantitativo, discreto, reversibile, omogeneo) e TEMPO COME DURATA (qualitativo, continuo, irreversibile ed eterogeneo). Il primo è il regno del determinismo della scienza, mentre il secondo è lo spazio della libertà della coscienza.

Secondo Bergson la fisica dimentica che il tempo è sempre misurato dalla coscienza e che quindi è simultaneo ciò che avviene all’interno di una coscienza.

Bergson sostiene che sussiste una differenza sostanziale fra il tempo esteriore, fondato sulla successione degli istanti, come sono registrati dall’orologio e dal calendario e il tempo interiore.

Quest’ultimo non è descrivibile con il criterio della successione, è il tempo vissuto, la cui prima qualità è, appunto, la durata.

Bergson polemizza dunque con il concetto fisico-matematico di tempo, assunto dalle scienze esatte. Per Bergson questo tempo non è quello reale, vero, cioè non è il tempo astratto, una successione di istanti statici e uguali. Il tempo come fatto psichico ha invece caratteristiche qualitativi, non quantitativi.

La nostra coscienza vive il tempo come durata, perché gli atti che lo compongono sono uno nell’altro: in altre parole, l’atto presente porta in sé il processo da cui proviene e insieme è qualcosa di nuovo, che contribuirà a far scaturire nuovi atti, in una durata, appunto, senza interruzioni o salti.

Perciò, per Bergson, un ruolo importante nel conoscere viene esercitato dalla memoria. Essa conserva le nostre esperienze passate, ma in modo non statico, perché le fa continuamente interagire con gli stati di coscienza presenti.

Se il tempo della scienza può essere paragonato ad una collana di perle, dove tutti gli istanti sono separati uno dall’altro, il tempo della vita è paragonabile ad un gomitolo di lana che continuamente cresce e si riavvolge su sé stesso.

Il carattere esteriore del tempo, si concretizza negli orologi di Salvador Dalì. Questi orologi che si Risultati immagini per orologi di dalìsciolgono, diventati il suo “marchio di fabbrica”, hanno origine dal suo più famoso dipinto del 1931, La Persistenza della Memoria. Nel mondo di Dalí, il tempo non è rigido; è un tutt’uno con lo spazio … fluido e senza limiti. L’inaspettata malleabilità dell’orologio implica che l’orologio stesso non può più funzionare, e, di conseguenza, perde ogni significato. Con l’uso di questo simbolo Dalí tentava di comunicare che la percezione umana del tempo cambia a seconda dell’umore e delle azioni.

Anche per Marcel Proust il tempo ha una dimensione interiore così come appare evidente nel Tempo perduto e nel Tempo Ritrovato. Il per Proust non ha niente a che vedere con la realtà storica, con il contesto sociale. Il tempo è sottocutaneo, pervade la nostra anima investendo i dati dell’esperienza sensibile “colorandoli”. Il tempo riprende ciò che si credeva dimenticato, abbandonato per sempre e che invece, rispunta, prepotente e pungente.

Basta che un rumore, un odore, già uditi o respirati un tempo, lo siano di nuovo, nel passato e insieme nel presente, reali senza essere attuali, ideali senza essere astratti, perché subito l’essenza permanente, e solitamente nascosta, delle cose sia liberata, e il nostro vero io che, talvolta da molto tempo, sembrava morto, anche se non lo era ancora del tutto, si svegli, si animi ricevendo il celeste nutrimento che gli è così recato. Un istante affrancato dall’ordine del tempo ha ricreato in noi, perché lo si avverta, l’uomo affrancato dall’ordine del tempo”.

Ognuno di noi, in definitiva, avrà la sua “madelaine” con la quale poter aprire le porte del passato vedendolo con gli occhi del presente.

 

Cosimo Lamanna