Cartesio: tra meccanicismo e difesa della libertà dell’uomo

Che cosa si intende per meccanicismoIn generale una concezione del mondo fisico che spiega i fenomeni naturali attraverso il movimento locale di corpi dotati di caratteristiche meramente quantitative. Questa concezione si fa strada già nel pensiero antico, con il sistema atomistico di Leucippo e di Democrito. Costoro, infatti, asserivano che la materia fosse costituita di atomi, elementi compatti e indivisibili che si muovevano, nel vuoto, in tutte le direzioni. I fenomeni, pertanto, erano spiegabile semplicemente partendo dal comportamento degli atomi e del loro moto, così come anche le stesse qualità sensibili, dovute all’azione meccanica dei corpi sugli organi di senso. Non vi era più spazio, quindi, per spiegazioni legate a divinità o presenze ultraterrene. Epicuro, attraverso il suo sistema filosofico, consentì al materialismo democriteo di assumere sempre più un significato antagonistico alle filosofie che subordinano l’ordine cosmico a una visione finalistica, come per esempio quella di Aristotele, e, in fisica, fanno appello come principi di spiegazione del moto a forze vitali o cause formali non riducibili alle leggi del moto meccanico. In questo senso meccanicismo è divenuto anche sinonimo di materialismo. Il cosmo aristotelico secondo una visione finalistica , si muoveva poiché attratto dalla perfezione del Primo Motore Immobile che attirava a sé, inconsapevolmente, tutti gli altri cieli. Tale visione, peraltro basata su una visione geocentrica del sistema solare, ben si conciliava con la concezione cristiana della vita e fu la filosofia alla base della Divina Commedia di Dante Alighieri.  La concezione meccanicistica trovò un suo più articolato sviluppo nel corso della Rivoluzione Scientifica del diciassettesimo secolo, in relazione alla ripresa della filosofia corpuscolare, e tuttavia non sempre può identificarsi atomismo e meccanicismo, poiché è possibile trovare tentativi di accogliere una concezione corpuscolare e atomistica in una prospettiva platonica e finalistica. Il meccanicismo seicentesco assunse varie forme, anche in rapporto al diverso uso della matematica come strumento concettuale capace di trascrivere i fenomeni naturali; resta comunque caratteristica comune del meccanicismo la distinzione tra qualità secondarie (colori, sapori, odori, suoni), che dipendono dalla nostra sensibilità e sono soggettive, e qualità primarie od oggettive (figura, grandezza, posizione, movimento, numero), proprietà geometrico-meccaniche, inerenti alla materia, sulle quali si fonda l’ordine necessario e immutabile della natura. In Cartesio la concezione meccanicistica raggiunge una più organica espressione, includendo anche i fenomeni vitali (teoria degli animali-macchina) nell’ambito della ‘res cogitans’ (o materia estesa – corpo) e delle sue leggi, da cui resta distinta la ‘res extensa’ (sostanza pensante – pensiero – anima). Galileo Galilei, figura simbolo della Rivoluzione Scientifica, sancisce l’autonomia della scienza dalle verità di fede, “limitando” l’uso delle Sacre Scritture al solo campo morale, mentre in campo scientifico ad essere interrogato doveva essere il “Libro della natura”, anch’esso scritto da Dio, ma dotato di leggi autonome di carattere fisico matematico. Galileo sostiene, con il nuovo linguaggio scientifico e sperimentale, quello che già un esponente del naturalismo rinascimentale come Bernardo Telesio aveva asserito nella sua opera De rerum natura iuxta propria principia (sulle cose della natura studiata secondo i suoi principi), nel caso specifico i principi erano quelli del caldo e del freddo applicati alla materia L’idea è quella di un universo che non dipende più da Dio, pur essendone stato da questi creato, ma ha in sé i principi, le leggi del suo funzionamento. Cartesio estende questo meccanicismo a tutti i corpi, compreso quello umano, inteso come una macchina al pari degli altri animali, ma presto si rende conto di aver dato vita ad un dualismo che necessita di integrazioni e chiarimenti. Come mai, se il mio corpo è una macchina, ho la sensazione che il mio pensiero, ovvero la res cogitans, è in grado di comandare il mio corpo e quindi che alcune attività corporee siano volontarie e frutto della libertà? Come può il regno della pura libertà, la res cogitans, condizionare quello della pura necessità, la res extensa? Sono questi gli interrogativi ai quali Cartesio deve dare una spiegazione al fine di sanare il dualismo venutosi a creare. Ed è qui che introdurrà la ghiandola pineale, che assumerà una funzione intermedia tra pensiero e corpo, tra res cogitans e res extensa e consentirà al pensiero di comandare sul corpo, salvando la libertà dell’uomo e rendendo necessaria una morale in nome della quale orientare le nostre azioni. Nasce così l’idea di una morale provvisoria, necessaria a dirigere le azioni umane mentre si lavora ad una morale definitiva. Ma in campo morale Cartesio non può permettersi il lusso di sospendere il giudizio come aveva fatto in campo conoscitivo poiché come lui stesso scrive “e infine, come non basta, prima di cominciare a ricostruire la casa che si abita, demolirla e provvedersi di materiali e di architetti, o esercitare se stessi nell’architettura, e averne inoltre tracciato accuratamente il disegno; ma è necessario altresì aver trovato un’altra casa, che si possa abitare comodamente durante i lavori; così, per non restare del tutto irresoluto nelle mie azioni mentre la ragione mi avrebbe obbligato a esserlo nei miei giudizi, e per non impedirmi di vivere da quel momento il più felicemente possibile, mi formai una morale provvisoria, fatta di tre o quattro massime soltanto, che desidero qui enunciare.”