Un anno di pandemia, dalla “Caverna” alle “caverne”

Da sempre il mito della caverna di Platone, contenuto all’inizio del libro settimo de La Repubblica, è un’opera di forte attualità, che ha ispirato anche film importanti come Matrix o The Truman Show per citarne alcuni. L’idea di una realtà non unica, ma articolata per gradi o livelli, così come la conoscenza, ha sempre stuzzicato il pensiero umano, impegnandolo in interrogativi che non sempre portano a una risposta definitiva, lasciando di volta in volta aperta quella porta della caverna, in uscita, o verso il baratro, in entrata. Impegnato su tutti fronti ad andare oltre l’apparenza per trovare il vero significato celato dietro le cose, squarciando il Velo di Maya per dirla alla Schopenhauer, l’uomo ha finito per negare l’esistenza stessa del reale, quasi sminuendo quello che ci circonda a favore di un presunto oltre. La domanda che oggi è giusto farsi è: e se oltre non vi fosse nulla e noi uomini, con la continua ricerca dell’oltre, abbiamo finito per non dare il giusto valore al reale nel quale siamo immersi? Lo abbiamo chiamato routine, lo abbiamo chiamato quotidianità dalla quale spesso abbiamo cercato di sfuggire aprendoci qua e là finestre virtuali nelle quali trovare un po’ di libertà, un altrove non ben precisato, una nostra diversa collocazione e abbiamo finito per confondere uno schermo con la libertà. Ecco, in questo anno di pandemia, abbiamo potuto sperimentare l’esatto cammino opposto a quello platonico passando dalla “caverna”, il mondo reale, alle “caverne”, le tante finestre virtuali che si sono aperte con più frequenza nelle nostre esistenze, finendo per diventare delle gabbie nelle quali siamo finiti come tanti esseri una volta liberi. Dalla caverna alle caverne, quindi, questo è il percorso al quale siamo stati sottoposti in questo periodo, un percorso inizialmente difficile, difficile da accettare, ma che con il tempo e il lento lavorio sta trasformandosi in abitudine, in una routine, e che potrebbe trasformarsi in quelle catene dalle quali per tanti non sarà facile liberarsi. E quegli oggetti, quelle situazioni, quei volti, quegli occhi per le quali eravamo impegnati a cercare i nessi causali e i significati nascosti, oggi si sono smaterializzati e sono divenuti fantasmi di sé stessi. Nella difficoltà della situazione, tuttavia, dobbiamo appellarci ora più che mai alla forza della ragione e ricordarci che quei “fantasmi” di noi stessi non sono illusioni, sono reali, soltanto che si tratta di un diverso livello di realtà, depotenziata, certamente, ma sempre reale perché i volti restano volti e gli occhi restano occhi se vogliamo che siano tali e questo sarà un atteggiamento importante da assumere per essere pronti, presto o tardi, ad uscire dalle “caverne” delle nostre stanze, delle nostre postazioni multimediali, per tornare alla grande “caverna” del mondo reale della quale tutti facciamo parte e le finestre del mondo virtuale torneranno ad essere liberi spiragli verso un’alterità voluta, ma non imposta. Per concludere con un richiamo a Emmanuel Lèvinas “l’uomo nuovo rinascerà dall’incontro con il volto dell’Altro. Il confronto con il volto, costringe l’uomo a ripensare i fondamenti della sua cultura. Bisogna passare, dal principio di identità al principio di alterità, dal primato dell’io al primato dell’altro. Posso comprendere me stesso solo se comprendo l’estraneità dell’altro. Comprendo chi sono, quando l’altro instaura una relazione con me“.

Cosimo Lamanna