Nietzsche, un “terremoto” nella cultura occidentale

Nell’esposizione del pensiero di Nietzsche mi piace partire da questa frase tratta dalla sua opera Così parlò Zarathustra, scritta tra il 1883 e il 1885: “Tre metamorfosi io vi nomino dello spirito: lo spirito che diventa CAMMELLO, e il cammello LEONE, e infine il leone FANCIULLO”. E’ una frase che ci fa cogliere immediatamente sia lo stile del filosofo, sia la sua capacità di analizzare l’uomo, la storia, la morale e la tradizione, evidenziando tre evoluzioni dello spirito umano, vale a dire quello del cammello che “incamera docilmente la cultura a cui appartiene e porta il peso dei valori tradizionali”. Gli studiosi l’hanno definita la fase romantica del pensiero di Nietzsche, quando il filosofo, appassionato di filologia, ha incamerato “passivamente la cultura tradizionale” a tal punto da farlo considerare, negli ambienti accademici, una grande speranza, ma nello stesso tempo il cammello può rappresentare il cristiano che sopporta docilmente il peso della morale. Il leone, invece, ha il coraggio e la forza di criticare e fare a pezzi i valori stabiliti, atteggiamento che coincide con la cosiddetta fase illuministica del suo pensiero. Ma è sufficiente solo fare a pezzi i vecchi valori? La risposta è no, poiché il nichilismo di N., per dirsi completo, ha bisogno del fanciullo, corrispondente a quella fase nel quale l’uomo è creatore di nuovi valori e soprattutto protagonista autonomo e libero delle proprie azioni (corrisponderà all’oltreuomo). Con Nietzsche ci troviamo di fronte ad una radicale inversione delle idee filosofiche e dei valori morali tradizionali. Per tal motivo è possibile dare diverse letture del suo pensiero, da quella antipositivista (legata ad una totale demolizione della fiducia nella scienza) a quella irrazionalistica e vitalistica (si oppone al razionalismo hegeliano, ad una filosofia che vuole rendere razionale ciò che è irrazionale, rivendicando l’amore per la vita del greco pre-socratico), ma c’è anche la lettura in chiave antidemocratica del pensiero di N., forse legata a quella sua idea di superuomo completamente diverso da quell’uomo che invece sta alla base della cultura democratica, una cultura che forse il filosofo legge in chiave di “massa”. Indiscutibile è anche l’influsso del pensiero sulle avanguardie artistiche degli anni ’20. Si pensi alle prime avanguardie nate intorno al 1905, Espressionismo, fino al Surrealismo del 1924, passando per il cubismo nato nel 1907 con Picasso e Braque, e al Futurismo, senza dimenticare che il movimento di maggior rottura tra le avanguardie fu rappresentato dal Dadaismo, sorto nel 1916. Il pensiero di Nietzsche appare come un impetuoso fiume in piena in eterno divenire, così appare dalla lettura delle sue opere, scritte anche sotto forma di aforisma per rompere quei canoni tipici della scrittura filosofica hegeliana. Ne La nascita della tragedia, scritta sotto l’influsso delle idee di Schopenhauer, ma anche del musicista Wagner, N. espone il suo pensiero sull’apollineo e sul dionisiaco. Il testo fu duramente attaccato dai contemporanei, seppur difeso dallo stesso Wagner, e spinse N. a scrivere le Considerazioni inattuali. Pur nella mancanza di sistematicità possiamo rintracciare nella filosofia di N. degli aspetti caratterizzanti quali la critica della cultura tradizionale, la definizione di decadenza, la critica dello storicismo, la rivalutazione del corpo e della vita, la critica della tradizione morale e religiosa, la considerazione della vita come fenomeno caotico e tragico. Una mente straordinariamente feconda quella di Nietzsche, dalla quale presero vita opere come La nascita della tragedia (1872), Sull’utilità e il danno della storia per la vita (1874), Umano troppo umano (1878-1880), La gaia scienza (1882), Così parlò Zarathustra (1883-85), La genealogia della morale (1887), L’Anticristo (1888). L’abbandono di Nietzsche della filologia e, un certo senso di un cammino culturale “omologato” e pretracciato, sarà letta dal mondo accademico come un vero e proprio tradimento e un attacco in campo aperto. Dal canto suo N. si avvarrà della sua competenza filologica e storica per comprendere il percorso dell’intera tradizione culturale occidentale, un percorso che N. legge come una progressiva decadenza iniziata con Socrate, notoriamente letto dalla cultura occidentale in senso opposto. L’Occidente, ad avviso di N., si è creato un’immagine idealizzata della grecità, fatta di pura razionalità, di equilibrio e di controllo delle passioni. Nella cultura greca, infatti, accanto alla visione del mondo caratterizzata dalla misura, dall’ordine e dall’equilibrio, esiste anche un’altra tradizione, quella orfico-dionisiaca, che emerge in alcuni miti o nei rituali orgiastici. Sono due, pertanto, gli impulsi fondamentali della vita, quello Apollineo, che sta a significare ragione, autocontrollo, ordine, bellezza, armonia, la cui massima espressione è rappresentata dalla scultura e, ovviamente, dalla filosofia greca, e quello Dionisiaco, simboleggiante l’irrazionalità, l’ebbrezza, il caos, per i quali è la musica la via preferenziale di rappresentazione. Con Socrate, ad avviso di N., ha avuto inizio la decadenza della cultura occidentale poiché ha avuto inizio il tentativo di soffocare le esigenze vitalistiche a favore della razionalità da quel momento considerata come l’essenza della natura umana. In questa rapida sintesi non posso non soffermarmi sulla considerazione di N. nei confronti della storia e dei due significati di “storia”, intesa come res gestae (l’insieme dei fatti realmente accaduti nel passato) e historia rerum gestarum (il resoconto dei fatti realmente accaduti nel passato). L’eccesso di memoria storica può diventare una vera e propria malattia dello spirito che inchioda l’uomo d’azione al passato e indebolisce le potenzialità creatrici. E’ necessario a tal proposito imparare l’arte dell’oblio. A tal proposito riporto quanto scritto dallo stesso Nietzsche: “L’uomo invidia l’animale, che subito dimentica [..] l’animale vive in modo non storico, poiché si risolve nel presente [..] l’uomo invece resiste sotto il grande e sempre più grande carico del passato: questo lo schiaccia a terra e lo piega da parte. Per ogni agire ci vuole oblìo: come per la vita di ogni essere organico ci vuole non solo luce, ma anche oscurità. La serenità, la buona coscienza, la lieta azione la fiducia nel futuro dipendono [..] dal fatto che si sappia tanto bene dimenticare al tempo giusto, quanto ricordare al tempo giusto”. Dalla storia alla storiografia con le sue conseguenze; Esistono tre tipi di storiografia, con conseguenti aspetti positivi e negativi: storia monumentale che fornisce dei modelli (dei “monumenti”) per l’azione e tende alla mitizzazione dei modelli del passato; storia antiquaria che tende a preservare il passato e paralizza ogni azione creativa; storia critica che vuole liberarsi della tradizione e presume di poter tagliare tutti i ponti col passato. Veniamo alla cosiddetta fase di Nietzsche illuminista, caratterizzata dalla critica dei valori morali e religiosi, dal metodo storico-genealogico. E’ la fase in cui il filosofo afferma che nella vita non esistono valori eterni e immutabili, che ogni valore è l’esito di uno sviluppo storico e sottolinea le Matrici “umane, troppo umane” dei valori sovrumani. Lo spirito libero è in grado di emanciparsi dalle tenebre del passato grazie a una “gaia” (liberante) scienza, la vita è un esperimento (costante divenire). Stilisticamente predilige l’uso dell’aforisma.  I temi della maturità saranno il nichilismo (Dio è morto; la vita non ha senso), l’oltreuomo (dire di sì alla vita nella sua insensatezza), l’eterno ritorno dell’identico (visione ciclica contro visione lineare della storia), volontà di potenza e prospettivismo. Cosa intende N. con l’affermazione “Dio è morto”? Dio è simbolo di ogni prospettiva oltremondana, per cui il senso della vita sta al di là della vita, delle credenze metafisiche e religiose, elaborate per dare un senso e un ordine rassicurante alla vita, della contrapposizione tra un mondo vero (aldilà) e un mondo apparente (aldiquà), della fuga dalla vita, rivolta contro il corpo. Le verità metafisiche e religiose sono menzogne, costruite per meglio sopportare la durezza della vita, la vita è caos, divenire, tragedia (non ha senso). Il nichilismo si caratterizza per la crisi delle certezze etiche, religiose e metafisiche, ma può essere incompleto, e come tale si limita a sostituire i vecchi valori con nuovi valori (nazionalismo, socialismo, anarchismo, storicismo, positivismo) e quello completo a sua volta di due tipi: passivo (buddismo, Schopenhauer), caratterizzato dal senso di vuoto, attivo  rappresentato dal cosiddetto oltreuomo (più noto come superuomo), caratterizzato dalla distruzione dei vecchi valori e dalla costruzione di nuovi valori (transvalutazione). La dottrina dell’ eterno ritorno dell’uguale costituisce un’intuizione filosofica riguardante l’essere del mondo, il senso del tempo e il destino dell’uomo. Al tempo lineare della storia cristiana subentra il tempo ciclico della natura pagana con il connesso invito a vivere e amare l’attimo presente come se fosse l’ultimo e come se dovesse eternamente ritornare contro la concezione lineare della storia (cristianesimo, socialismo) nella quale ogni momento ha senso solo in funzione dei momenti successivi e che prevede una fine della storia (regno dei cieli, società senza classi) che dà senso alla storia precedente.

eterno ritorno

“Questa vita – così recita l’Aforisma 341 de La gaia scienza – come tu ora la vivi e l’hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione […]. L’eterna clessidra dell’esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello della polvere!”. Non ti rovesceresti a terra, digrignando i denti e maledicendo il demone che così ha parlato? Oppure hai forse vissuto una volta un attimo immenso, in cui questa sarebbe stata la tua risposta: “Tu sei un dio e mai intesi cosa più divina”?»

E veniamo ad uno degli aspetti più noti della filosofia di Nietzsche e per certi versi più controversi: la volontà di potenza. Come Schopenhauer anche N. riconosce che l’intima essenza del reale è proprio la volontà di potenza,una forza espansiva e irrazionale. A differenza di S., tuttavia, la volontà di cui parla N. non mira semplicemente ad auto conservarsi, ma ad auto potenziarsi. L’individuo, pertanto, in quanto volontà di potenza, produce valori e verità funzionali al proprio auto potenziamento: ogni verità/valore è una bugia utile all’individuo, che questi cerca di imporre agli altri. Da qui deriva il cosiddetto prospettivismo, nell’ambito del quale il mondo non ha un senso univoco, ma innumerevoli sensi (interpretazione infinita). Non c’è un criterio assoluto di verità e falsità. Alla base di ogni interpretazione stanno i bisogni e gli interessi dei singoli individui e dei singoli gruppi (mossi dalla volontà di potenza), non tutte le interpretazioni sono equivalenti e i criteri per distinguerli sono: salute, forza, potenza. Il concetto di volontà di potenza, inoltre, rappresenta oggetto di riflessione storiografica poiché risulta fortemente influenzato da vere e proprie manomissione da parte della sorella di N., che hanno dato luogo a interpretazioni fuorvianti del suo pensiero sino a farne il profeta del nazismo. La volontà di potenza, in ogni caso, indica  secondo le interpretazioni più recenti, la dimensione dell’oltreuomo in quanto agisce esclusivamente al fine di potenziare il proprio essere senza riferimenti morali esterni. Di qui la critica di N. alla validità eterna e universale (in senso diacronico e sincronico) dei valori morali (Cristianesimo: i valori morali sono stati stabiliti da Dio e Kant: i valori morali hanno il loro fondamento nella ragione). L’aspetto più incisivo della filosofia di N. è indubbiamente la sua pars destruens, legata proprio alla critica radicale della morale, alla tra svalutazione di tutti i valori, alla filosofia fatta con il “martello” per distruggere le certezze del passato. N. sostiene che valori morali hanno una genesi storica e sono fissati e imposti dal gruppo dominante. La morale viene distinta da N. in morale degli schiavi, dei deboli (ebraismo e cristianesimo): caratterizzata dal risentimento e da valori antivitali (umiltà, compassione, rinuncia, abnegazione), contrapposta alla morale dei signori, dei guerrieri (grecità e romanità antica), caratterizzata da valori vitali quali forza, coraggio, fierezza, magnanimità. L’oltreuomo (più comunemente noto come superuomo) è l’uomo nuovo (profetizzato da Zarathustra) che si emancipa dalla morale cristiana (in tal senso è l’Anticristo), propugna valori vitali (rivalutazione del corpo contro lo spirito), dice dionisiacamente di sì alla vita, nonostante la sua tragicità e insensatezza (gioia-dolore, felicità-infelicità), fa propria l’idea dell’eterno ritorno dell’identico, si pone come volontà di potenza, che interpreta prospetticamente il mondo, crea nuovi valori (transvalutazione) al posto degli antichi. “Posto che gli oppressi – scrive N. in Al di là del bene e del male – i conculcati, i sofferenti, i non liberi, gli insicuri e stanchi di se stessi, facciano della morale, che cosa sarà l’elemento omogeneo nei loro apprezzamenti di valore? Probabilmente troverà un pessimismo sospetto verso l’intera condizione umana, forse una condanna dell’uomo unitamente alla sua condizione …..”.  Il comportamento umano, in definitiva, è determinato soprattutto da istinti e la morale altro non è che una struttura accessoria che indirizza gli istinti aggressivi contro il proprio io.