Ludwig Feuerbach e la riduzione della teologia ad antropologia

feuerba2La maggior figura della Sinistra hegeliana è quella di Feuerbach, il fondatore dell’ateismo filosofico ottocentesco. Ricordo che alla morte di Hegel, i suoi discepoli di divisero in destra e sinistra hegeliana: la prima formata da quei filosofi più conservatori, che identificano lo Spirito con Dio, la seconda formata da quei filosofi più riformatori secondo i quali la religione è alienazione. Ludwig Feurbach nacque il 28 Luglio 1804 in Baviera e morì a Rechenberg il 13 settembre 1872. Scolaro di Hegel a Berlino, libero docente a Erlangen, si vide troncare la carriera universitaria dall’ostilità incontrata dalle idee sulla religione esposte in uno dei suoi primi scritti. Il contesto storico in cui vive e opera Feuerbach è quello compreso tra il 1831 (morte di Hegel) e il 1883 (morte di Marx), caratterizzato da quelle profonde trasformazioni socio-economiche note come Rivoluzione Industriale. Il diffondersi della grande industria, soprattutto in Inghilterra, Francia e Germania, favorisce la nascita del movimento Operaio sempre più ampio e incisivo (vedasi Prima Internazionale di Londra 1864). Feuerbach dapprima studiò dapprima teologia ad Heidelberg e poi si recò a Berlino per ascoltare, come si è detto, direttamente le lezioni di Hegel che lo appassionarono a tal punto da fargli scrivere “ho imparato in quattro settimane da Hegel tutto quello che non ho imparato prima in due anni”, ma bene presto maturerà il distacco dal pensiero hegeliano e la sua filosofia si caratterizzerà per la sua critica alla religione. Non ha fortuna nella carriera universitaria anche e soprattutto per le sue posizioni sempre più anti-hegeliane e anti -religiose: nei Pensieri sulla morte e sull’immortalità, ad esempio, Feuerbach nega l’immortalità dell’anima, ammettendola solo per l’umanità. Fu invitato ad Heidelberg nel 1848 dagli studenti progressisti e tenne un corso di Lezioni sull’essenza della religione, ma fu l’ultima sua apparizione pubblica. Morì in povertà e dimenticato da tutti nel 1872. Il progressivo distacco da Hegel matura proprio riguardo al punto di partenza della filosofia, infatti, ad avviso di Feuerbach Hegel, nella sua speculazione filosofica, è partito dall’essere astratto: “perché io non devo poter partire dall’essere concreto e reale?” si chiede F. E’ una questioni di prospettiva, quindi, quella che lo stesso F. definirà prospettiva rovesciata. “La filosofia – dice – è la scienza della realtà nella sua totalità, ma il compendio della realtà è la natura … – e ancora – la natura non ha costruito solo la volgare officina dello stomaco, ha costruito anche il tempio del cervello”. L’opera senza dubbio più importante è L’essenza del cristianesimo, nella quale effettua quella che lui stesso definisce riduzione della teologia ad antropologia. Hegel, in fondo, non aveva fatto altro che togliere via via il Dio della tradizione per sostituirlo con lo Spirito, vale a dire la realtà umana nella sua astrattezza, ma a Feuerbach questa astrattezza non interessa, non gli interessa l’idea di uomo, ma l’uomo reale, concreto e particolare e sulla base di ciò possiamo comprendere meglio quando lui scrive “verità è l’uomo e non la ragione astratta, verità è la vita e non il pensiero che resta sulla carta e trova nella carta l’esistenza che gli si addice”. La filosofia, come la religione pongono come punto di partenza della propria riflessione l’INFINITO, dal quale ricavano poi il FINITO come manifestazione del primo. Le cose stanno esattamente il contrario, secondo F., poiché non è l’Astratto a fondare il concreto, ma è il concreto a fondare l’astratto e quindi non è Dio a creare l’uomo, ma è l’uomo a creare Dio. Quindi religione e idealismo, a suo parere, operano una inversione del reale rapporto tra concreto e astratto. Tutta la tradizione filosofica occidentale è dominata dall’idea di Dio, posto come causa prima e fine ultimo del reale e “fuori” dal reale (trascendente). Da ciò il carattere religioso della cultura occidentale, anche di quella moderna, con la conseguenza che l’uomo ha assunto come criterio di conoscenza (filosofia Teoretica) e come criterio di azione (filosofia Pratica), Dio, Verità assoluta Bene assoluto. Il pensiero di Feuerbach non si riduce ad un semplice ateismo, la filosofia non ha il compito di ridicolizzare la religione, definita un grande fatto umano, ma di capirlo, di capirne i motivi della nascita e della straordinaria diffusione. Feuerbach afferma che “che la coscienza che l’uomo ha di Dio è la coscienza che l’uomo ha di sé” e con questo intende dire che Dio non è altro che la proiezione inconscia dell’essenza dell’uomo, Dio è lo specchio dell’uomo. L’uomo nella preghiera adora il suo stesso cuore, il miracolo è “un desiderio soprannaturale realizzato” e “i dogmi fondamentali del cristianesimo sono desideri del cuore realizzati”, quindi la religione è un fatto puramente e totalmente umano. L’uomo considera Dio come l’ottativo del cuore, vale a dire come tutto quello che il cuore umano può desiderare. Tutte le qualità umane, insomma, vengono assolutizzate, rese infinite, sottratte all’uomo concreto e attribuite ad un Ente esterno, Dio appunto. Si tratta, quindi, di un processo di alienazione che nasce dai desideri dell’uomo, che sono infiniti per quantità e qualità, e dal potere dell’uomo, che è limitato (morte, malattia, fame, ignoranza, imperfezioni morali, ecc.). L’uomo è un groviglio di contraddizioni e sarebbe condannato alla frustrazione e alla sofferenza se non ponesse in un ente superiore la possibilità di esaudire i suoi desideri (immortalità amore, onniscienza, giustizia, libertà, felicità, ecc.). Di qui la considerazione di Dio come ottativo o desiderio del cuore: “Dio – scrive Feuerbach – è l’ente in cui ciò che è possibile secondo i miei desideri e le mie rappresentazioni, ma l’impossibile per le mie forze, diventa possibile”. Dio è generato dal senso di dipendenza dell’uomo di fronte al superiore potere della natura: la natura è ciò da cui l’esistenza umana dipende, ma che nello stesso tempo è insensibile alle sue sofferenze e quindi in Dio l’uomo tende a superare i propri limiti , la propria impotenza come individuo, immortale e onnipotente. La sofferenza deve estrinsecarsi, l’artista oggettiva il proprio dolore nella musica e allevia il peso del proprio cuore, la natura non ascolta l’uomo e per tal motivo l’uomo fugge dalla natura e si rivolge nel proprio intimo per trovare ascolto alle sue sofferenze. In Dio l’uomo tende ad alienare quelle che sono le caratteristiche del genere umano. Chiarita, quindi, l’origine dell’alienazione religiosa è necessario impostare correttamente il rapporto tra Uomo e Dio, cioè porre come predicato ciò che nella religione è soggetto (Dio) e come soggetto ciò che nella religione è predicato (qualità umane), quindi, in campo morale, promuovere la liberazione dell’uomo dal senso di dipendenza verso Dio e una filosofia dell’avvenire caratterizzata da umanesimo (uomo oggetto e scopo della filosofia), naturalismo (poiché l’uomo viene visto nella concretezza sensibile, corporea e naturale dell’esistenza), amore (perché la vita si configura come amore) e socialità (perché il singolo io non può esistere senza il tu). Ecco, dunque, svelato il mistero della religione: al Dio in cielo Feuerbach sostituisce l’uomo di carne e sangue (siamo ciò che mangiamo dirà F.). La religione dell’umanità teorizzata da F. sarà alla base del filantropismo ottocentesco , il suo ateismo e la sua analisi dell’alienazione religiosa costituiscono un punto di confronto obbligato per qualsiasi discorso sulla religione, l’affermazione del condizionato dell’esistenza umana, del ruolo dei bisogni e della natura, costituiscono un punto comunemente accettato nella cultura contemporanea. L’intento dell’umanesimo di Feuerbach è quello di trasformare gli uomini da amici di Dio ad amici degli uomini. E concludo con questa citazione “da uomini che credono in uomini che pensano, da uomini che pregano in uomini che lavorano, da candidati nell’aldilà in studiosi dell’aldiquà, da cristiani, che per loro stessa ammissione sono metà animali e metà angeli (N.d.r. cit. Pico della Mirandola), in uomini nella loro interessa”.