Kierkegaard, l’aut aut al di là del bene e del male

<<Il mio aut-aut non indica la scelta tra il bene e il male, indica la scelta colla quale ci si sottopone o non ci si sottopone al contrasto di bene e male>>. Così scrive S. Kierkegaard nell’opera intitolata Aut-aut, che possiamo considerare il simbolo della sua filosofia e della sua esistenza e nella quale pone proprio uno dei quesiti essenziali, quello della scelta appunto, che precede anche il bene e il male. Nella sua libertà, e quindi nelle sue infinite possibilità, l’uomo trova la sua “condanna”, vale a dire la necessità di scegliere quale direzione dare alla propria esistenza. Sta tutto qui la differenza tra il regno dell’essenza, il necessario, e quello dell’esistenza, il possibile, tra l’uomo hegeliano protagonista di un percorso dello spirito che lo vede come tacito e quasi inconsapevole attore di un progetto pre-tracciato, e l’individuo di Kierkegaard, stretto nella morsa della scelta e dell’angoscia. E’ l’angoscia, per il filosofo danese, una delle situazione esistenziali tipica dell’uomo, che accompagna l’individuo prima della scelta, ma anche dopo. Essere liberi comporta responsabilità e la responsabilità ci angoscia. Tra vita estetica e vita etica la differenza non sta nel bene e nel male, l’esteta non fa il male, l’esteta è indifferente, mentre l’etica è lo stato esistenziale in cui si pone il problema di ciò che è bene e ciò che è male. <<Perciò – scrive ancora Kierkegaard – non importa tanto sce4gliere di volere il bene e il male, quanto di scegliere il fatto di volere>>. Senza la scelta, insomma, non si pone il bene e il male, nel regno dell’indifferenza non c’è spazio per il bene e il male, semplicemente perché non sono posti.