L’essere è e non può non essere….. la svolta di Parmenide

A cavallo tra il VI e il V secolo a.C.visse ad Elea Parmenide. Già prima di lui i filosofi della scuola ionica avevano cercato l’archè, il principio. Parmenide diede una svolta radicale perché compie un nuovo passo si è chiesto che cos’è l’intero, l’essere dell’intero, cosa c’era prima della nascita del mondo. Oggi abbiamo lo stesso problema, cosa c’era prima del big bang quando gli scienziati ci raccontano di questa esplosione originaria, e prima? Allora il fisico sorride… la nostra domanda resta. Anche Parmenide si pone questa domanda… c’era il nulla? Ma cosa significa? La filosofia eleatica prende il nome appunto da Elea, colonia della Magna Grecia. La nascita di Elea è legata all’episodio della conquista persiana dell’Asia Minore (546/545 a.C.) i persiano conquistano questa fascia costiera, i focei non vogliono sottostare al dominio persiano e si stabiliscono in Corsica. Vengono in Italia e si stabiliscono in un punto dell’attuale Campania (Velia o Elea grecizzata). Senofane forse influenza la ricerca di questi uomini di studio. Parmenide trae succo dalla dottrina pitagorica, ma la sviluppa, scrivendo un poema di cui restano 150 versi, segnando l’inizio del pensiero filosofico. Severino: la nostra cultura pensa di potersi disinteressare del pensiero greco, ma ci si deve rendere conto che l’intera nostra civiltà si sviluppa all’interno delle categorie espresse dal pensiero greco. Parmenide non è uno sconosciuto, appare in modo straordinariamente insolito, Platone lo chiama venerando e terribile, Aristotele parla di Parmenide come folle, eppure questa pazzia di Parmenide è il punto di riferimento di tutta la storia filosofica. Hegel afferma con Parmenide inizia la vera filosofia, l’uomo si libera dagli inganni del sensibile e dalle opinioni.

Così Parmenide nel poema

Le cavalle che mi portano fin dove il mio desiderio vuol giungere, mi accompagnarono, dopo che mi ebbero condotto e mi ebbero posto sulla via che dice molte cose, che appartiene alla divinità e che porta per tutti i luoghi l’uomo che sa. Là fui portato. Infatti, là mi portarono accorte cavalle tirando il mio carro, e fanciulle indicavano la via. L’asse dei mozzi mandava un sibilo acuto, infiammandosi – in quanto era premuto da due rotanti cerchi da una parte e dall’altra –, quando affrettavano il corso nell’accompagnarmi, le fanciulle Figlie del Sole, dopo aver lasciato le case della Notte, verso la luce, togliendosi con le mani i veli dal capo. Là è la porta dei sentieri della Notte e del Giorno, con ai due estremi un architrave e una soglia di pietra; e la porta, eretta nell’etere, è rinchiusa da grandi battenti. Di questi, Giustizia, che molto punisce, tiene le chiavi che aprono e chiudono.

Per esprimere i suoi difficili e nuovi concetti filosofici, Parmenide si serve di un linguaggio ricco di immagini al fine di attirare l’interesse del lettore. Immagina un percorso che conduce dalle case della Notte, ovvero dell’ignoranza, della doxa, a quelle del Giorno, vale a dire della Verità.

Orbene, io ti dirò – e tu ascolta e ricevi la mia parola – quali sono le vie di ricerca che sole si possono pensare: l’una che “è” e che non è possibile che non sia – è il sentiero della Persuasione, perché tien dietro alla Verità – l’altra che “non è” e che è necessario che non sia. E io ti dico che questo è un sentiero su cui nulla si apprende. Infatti, non potresti conoscere ciò che non è, perché non è cosa fattibile, né potresti esprimerlo.

E’ sicuramente uno dei passi più celebri e noti del filosofo, nel quale lo stesso asserisce con convinzione che tutto ciò che è esiste non potrebbe non esistere, mentre ciò che non è, ossia il nulla, non solo non esiste, ma non potrebbe mai esistere. Ma cosa significa nel concreto? Significa che tutto ciò che in natura si trasforma avviene all’interno del ben delimitato cerchio dell’essere, la ben rotonda verità come dice lo stesso Parmenide: lo stesso passaggio dalla vita alla morte non deve essere letta come un passaggio dall’essere al nulla, ma come una trasformazione da una forma di essere a un’altra forma di essere. O si è oppure non si è, a livello pratico ognuno di noi compie delle scelte e queste scelte determinano quello che siamo. Non esiste, nell’ottica parmenidea, un altro da me che in una vita parallela ha fatto una scelta diversa e vive una vita diversa.

È necessario il dire e il pensare che l’essere sia: infatti l’essere è, il nulla non è: queste cose ti esorto a considerare. E dunque da questa prima via di ricerca ti tengo lontano, ma, poi, anche da quella su cui i mortali che nulla sanno vanno errando, uomini a due teste: infatti, è l’incertezza che nei loro petti guida una dissennata mente. Costoro sono trascinati, sordi e ciechi ad un tempo, sbalorditi, razza di uomini senza giudizio, dai quali essere e non-essere sono considerati la medesima cosa e non la medesima cosa, e perciò di tutte le cose c’è un cammino che è reversibile.

Altro passaggio interessante è quello in cui Parmenide asserisce l’assoluta coincidenza di essere e pensare, di verità e pensiero. Il pensiero non può pensare il nulla e non può dire il nulla. Essere, pensiero e linguaggio sono strettamente collegati; Pur tuttavia, il filosofo mette in guardia dalla seconda via, quella dell’opinione, che pure è diffusa tra gli uomini, gente dalla doppia testa, senza giudizio che confonde essere e non essere. (Cosimo Lamanna)