Marx: ognuno secondo le sue capacità, ognuno secondo i propri bisogni

marxQuella di Marx è sicuramente tra le filosofie che hanno maggiormente influenzato l’Ottocento e il Novecento. Tra i punti di rilievo c’è sicuramente una stretta connessione tra teoria[1] e prassi[2] e lo studio della struttura del sistema capitalistico per modificarla. Marx è, tra l’altro, uno dei principali fondatori della Prima Internazionale, dalla sua teoria nasceranno i maggiori partiti socialisti dell’Ottocento e il suo pensiero viene considerato fonte di ispirazione per la riflessione di Lenin e di interpretazione per gli eventi della Rivoluzione russa. Ancora in epoca più recente ha rappresentato uno dei principali punti di riferimento per movimenti operai, movimenti politici (Cina, Cuba ..), movimenti sindacali. L’unione tra filosofia e prassi, la concezione dialettica della realtà[3], il carattere sistematico, sono tra gli elementi più importanti della filosofia di Marx, ma cosa significa? Per unione di filosofia e prassi intendiamo la stretta correlazione tra ciò che si pensa (teoria) e ciò che si fa (prassi), mentre per concezione dialettica della realtà Marx intende dire che la realtà concreta propone delle posizioni dialettiche, cioè contrapposte, dalle quali scaturisce una nuova posizione, motivo per cui la realtà deve intendersi come movimento, e non come statica. Infine, ma non per ultimo, M. propone una interpretazione complessiva e organica di tutta la filosofia, vale a dire una filosofia che analizza tutto il reale e non sono una parte, ad esempio quella religiosa, come aveva fatto Feuerbach. A tal proposito precisiamo che Marx si pone nella scia di Hegel e Feuerbach, ma matura un atteggiamento critico nei riguardi di entrambi. Di Hegel conserva la concezione della filosofia come SISTEMA TOTALE, la fiducia nella RAZIONALITA’ del mondo umano, il teleologismo del divenire storico, la dialettica come metodo di studio del reale, ma anche come dimensione ontologica. A Hegel, tuttavia, rimprovera di aver commesso un errore logico rovesciando il rapporto tra soggetto e predicato e, Invece di considerare lo Stato come produzione di individui concreti, fa derivare gli individui dallo Stato. Nella filosofia hegeliana, inoltre, Marx individua il limite dell’indagine sulla realtà che non ha nulla di empirico. Ma che differenza c’è tra l’uomo comune e il filosofo speculativo? Semplice: per l’uomo comune esistono anzitutto i frutti concreti (mele, pere, susine e mandorle…) e da questi si ricava l’astrazione l’idea di “frutta”, mentre per il filosofo speculativo (=hegeliano) ciò che esiste realmente è l’essenza frutta”, mentre i singoli frutti concreti non sono che transitorie determinazioni in cui vive l’unica vera sostanza.

  • Marx osserva come Hegel consideri l’esistenza empirica come l’incarnazione della razionalità dell’Idea. La realtà, per Hegel, altro non era che la realizzazione di un progetto, di un’idea, dello Spirito, preesistente e indipendente dalla realtà stessa.
  • Di contro Marx sostiene che la famiglia, la società civile e lo Stato sono realizzazioni degli uomini concreti[4]
  • Anche per Marx, in accordo con Hegel, la realtà è razionale, ma questa razionalità va ricostruita a partire dal piano empirico e non deve essere letta come qualcosa di preesistente ad esso.
  • Marx riconosce invece ad Hegel il merito di aver introdotto la concezione dialettica della realtà, riconoscendo l’importanza delle opposizioni:
  • Hegel però ha giocato più sulle opposizioni concettuali che su quelle reali
  • ed ha cercato una troppo facile mediazione tra gli opposti che nella realtà non conoscono sintesi, ma solo lotta ed esclusione.

La Sinistra hegeliana ha avuto per Marx il merito di:

  • trasformare l’idealismo in materialismo[5],
  • individuare le radici umane della religione,
  • esprimere in politica istanze democratiche.
  • Tuttavia i giovani hegeliani, nonostante la loro intenzione rivoluzionaria, esprimono un pensiero ideologico.
  • Gli hegeliani sono convinti che per liberare l’uomo basti un cambiamento di idee
  • Ad esempio: per superare la religione basta capire che essa è un prodotto dell’uomo.
  • In realtà con le loro frasi rivoluzionarie combattono solo frasi, non contro il mondo reale di cui quelle frasi sono riflesso.
  • La liberazione dell’uomo è un atto storico, non ideale.

Poiché questi giovani hegeliani considerano le rappresentazioni, i pensieri, i concetti, e in genere i prodotti della coscienza da loro fatta autonoma, come le vere catene degli uomini, [..] s’intende facilmente che i Giovani hegeliani devono combattere soltanto contro queste illusioni della coscienza. […] Nonostante le loro frasi che, secondo loro “scuotono il mondo”, gli ideologici giovani-hegeliani sono i più grandi conservatori. I più giovani tra loro hanno trovato l’espressione giusta per la loro attività, affermando di combattere soltanto contro delle “frasi”. Dimenticano soltanto che a queste frasi essi stessi non oppongono altro che frasi, […]. I soli risultati ai quali questa critica filosofica poteva portare erano alcuni e per giunta unilaterali chiarimenti, nel campo della storia della religione, intorno al cristianesimo; […]. A nessuno di questi filosofi è venuto in mente di ricercare il nesso esistente tra la filosofia tedesca e la realtà tedesca, il nesso tra la loro critica e il loro proprio ambiente materiale.

  • Feuerbach ha avuto il merito di rivendicare la concretezza dell’individuo umano contro la tendenza teologizzante di Hegel.
  • Però, al contrario di Hegel, Feuerbach perde di vista la storicità dell’uomo: non esiste l’Uomo in astratto, bensì l’uomo prodotto di una determinata società storica.
  • Ciò è evidente nella sua critica alla religione
  • Feuerbach, per Marx, non ha spiegato adeguatamente l’origine della religione.
  • Gli uomini, infatti, proiettano il loro essere fuori di sé solo in quanto l’esistenza reale nella società impedisce di realizzare la loro umanità:
  • La religione è una “coscienza rovesciata” del mondo, proprio perché il mondo è rovesciato, cioè irrazionale e ingiusto.
  • La miseria religiosa è in un senso l’espressione di una miseria reale, e in un altro senso la protesta contro la miseria reale. La religione è il sospiro della creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore […] è l’oppio del popolo.

L’ “oppio” è inteso qui in duplice senso:

  • è ciò che annebbia la coscienza;
  • ma è anche ciò che conforta dal dolore.

In Marx non c’è disprezzo:

  • la religione non è un inganno che serve per dominare gli uomini
  • ma sorge dall’umanità sofferente bisognosa di qualche consolazione.

Ma questo significa che per superare l’alienazione religiosa:

  • Non basta denunciarla (come ha fatto Feuerbach)
  • ma occorre rimuovere le condizioni che la determinano che non sono di carattere religioso, ma materiale;
  • occorre cioè passare dalla “critica del cielo” alla “critica della terra”.
  • All’origine dell’alienazione religiosa ci sono le contraddizioni della vita materiale, a cominciare dal lavoro. L’alienazione[6] del lavoro
  • Il lavoro, secondo Marx, è espressione dell’uomo,
  • – che realizza se stesso trasformando la natura secondo le sue idee e i suoi progetti,
  • ossia: oggettivandosi in essa, umanizzandola (in ciò si differenzia dagli animali costruttori);
  • insieme agli altri uomini (dimensione sociale del lavoro).

Però, nel mondo attuale, l’uomo non esprime la sua vita nel lavoro, ma lavora per vivere; il lavoro è un’oppressione.

  • Il lavoro è sottratto all’uomo: questa condizione nei Manoscritti economico-filosofici del 1844 è definita “alienazione del lavoro” e riguarda:

1) il prodotto

2) l’attività

3) l’essenza umana

4) il rapporto con l’altro uomo.

Il lavoro, inteso come prodotto, è sottratto all’uomo:

  • l’operaio non possiede né la materia prima, né gli strumenti, né il lavoro finito;
  • il prodotto diventa una realtà a lui estranea e ostile,
  • infatti, per le leggi economiche, tanto più il prodotto diventa ricco, quanto più l’operaio diviene povero.
  • Nel lavoro, inteso come attività, l’uomo non si afferma, non esprime la sua creatività, ma si nega;
  • l’uomo si sente sé stesso solo fuori dal lavoro, si sente uomo nelle funzioni che lo accomunano agli animali e una bestia in quelle propriamente umane.

Con l’alienazione sono infine sottratti all’uomo:

  • la sua stessa essenza: perché, come si è detto, ciò che lo caratterizza come uomo è il lavoro libero e creativo.
  • Il rapporto con gli altri uomini: nel mondo capitalista gli uomini sono costretti ad un rapporto conflittuale, ad essere sfruttatori o sfruttati.
  • Nel lavoro si determinano tra gli uomini relazioni, dette rapporti di produzione
  • ossia: riguardanti il possesso dei mezzi di produzione e la ripartizione dei prodotti,
  • che non sono scelte, ma determinate dal grado di sviluppo delle forze produttive,
  • Ossia da come la produzione è organizzata in un certo periodo: uomini, mezzi e conoscenze di cui dispone

L’insieme di questi rapporti costituisce la struttura economica di una società

  • che è la base da cui dipendono tutti gli altri aspetti che costituiscono la sovrastruttura: politica, diritto e la sfera “spirituale” (religione, arte, filosofia, ecc.).

Le idee non determinano la realtà materiale ma ne sono condizionate.

  • Struttura (o base) materiale
  • Sovrastruttura (forme ideologiche)
  • Politica, Diritto, Arte, Religione, Filosofia (idee, coscienza, spirito)
  • Rapporti di produzione
  • Grado di sviluppo delle forze produttive

Se vogliamo veramente comprendere lo svolgersi della storia, dobbiamo considerare l’organizzazione economico-sociale non le idee e la cultura. La vera storia, infatti, non è quella delle idee, bensì quella della struttura. La sovrastruttura cambia con essa, sopravvenendo a giustificare il nuovo ordine istaurato (funzione ideologica).

  • La concezione materialistica di Marx non si limita a descrivere staticamente le società, ma evidenzia l’elemento propulsivo della loro trasformazione: la contraddizione. Pur capovolgendone il soggetto, Marx si mantiene fedele alla impostazione hegeliana.
  • Le forze produttive, si sviluppano più rapidamente dei rapporti di produzione che tendono a rimanere statici;
  • ne segue una situazione di contraddizione che genera un’epoca di rivoluzione sociale;
  • che si risolve con l’adozione di nuovi rapporti di produzione e con la trasformazione della sovrastruttura.
  • A un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono soltanto l’espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l’innanzi s’erano mosse.

Le principali formazioni economico-sociali succedutesi nella storia sono:

  • comunità primitiva (comunista)
  • asiatica (fondata su forme comunitarie di proprietà)
  • antica (schiavistica)
  • feudale
  • borghese.
  • Forze produttive e rapporti di produzione non esistono in astratto:
  • Le nuove forze produttive sono sempre incarnate da una classe in ascesa mentre i vecchi rapporti di proprietà da una classe dominante al tramonto.
  • La storia del mondo è perciò caratterizzata dalla lotta tra classi.

Nella società capitalista la lotta assume la forma più semplice mai esistita, con la contrapposizione di due sole classi:

  • la borghesia, ossia l’insieme di coloro che posseggono i mezzi di produzione;
  • il proletariato, cioè coloro che posseggono solo la propria forza-lavoro e sono costretti a venderla ai borghesi.

È descritto da Marx nel Manifesto:

  • La borghesia nasce dai servi della gleba che costituiscono il popolo minuto delle città.
  • Si sviluppa, dopo le scoperte geografiche, con la diffusione di commerci e industria e il superamento del sistema corporativo.
  • Con la rivoluzione industriale si afferma la borghesia moderna
  • che ha conquistato il potere politico, soppiantando ogni residuo feudale.

La borghesia ha un ruolo “sommamente rivoluzionario”, perché:

  • Ha svolto una funzione demistificante rivelando gli interessi materiali che si celano dietro ad ogni realtà spirituale.
  • Tende a rivoluzionare continuamente tutto il sistema produttivo.
  • Ha creato un sistema mondiale e ha messo a disposizione dell’uomo forze produttive di cui non ha mai potuto di disporre prima.

Ma l’aspetto più rivoluzionario della borghesia sta nel porre le basi del proprio superamento necessario:

  • ha infatti sviluppato forze produttive che non è più in grado di controllare
  • e la classe antitetica che le rivolgerà contro di essa: il proletariato.
  • Nell’opera “Il Capitale”, Marx esamina le leggi economiche che regolano lo sviluppo del capitalismo, dalle quali dipende destino della borghesia.

Marx prende le distanze dai teorici dell’economia borghese, in quanto:

  • hanno trasformato in fatti naturali, prodotti contingenti della storia (ad es.: la proprietà);
  • non hanno compreso la natura conflittuale del sistema capitalistico.
  • Marx nega l’esistenza di leggi universali dell’economia e afferma che ogni formazione sociale ha leggi storiche

Punto di partenza è l’analisi della merce. In essa si distinguono:

  • valore d’uso, cioè la sua utilità, la sua capacità a rispondere a determinati bisogni;
  • valore di scambio, ossia “qualcosa di uguale” in merci diverse (di differente valore d’uso), che le rende scambiabili in differenti proporzioni.

Con gli economisti classici, Marx ritiene che il valore di scambio di una merce risieda nel “lavoro socialmente necessario” per produrla.

  • Merci diverse hanno il medesimo valore perché richiedono lo stesso tempo di lavoro, in base alla produttività media del periodo.
  • Il valore di scambio non è il prezzo, che dipende anche dalle condizioni di mercato (valore e prezzo non sono però indipendenti).
  • L’atteggiamento dell’economia politica che considera le merci come entità aventi valore di per sé per Marx è perciò “feticismo”.
  • Dietro alla merce c’è il lavoro dell’uomo. Gli scambi di merci non sono rapporti tra cose, ma tra persone.

Il capitalismo si distingue dai precedenti sistemi produttivi in quanto finalizzato al profitto e non al consumo:

  • mentre il ciclo produttivo precapitalistico può essere espresso dalla formula:

M-D-M

  • quello capitalistico assume la forma:

D a M a D’, dove: D’ > D.

Tale ciclo implica l’esistenza di un “misterioso” plusvalore[7] (D’ − D):

  • che non può venire dal denaro (= mezzo di scambio) né dallo scambio (= tra valori equivalenti)
  • In realtà, l’origine del plusvalore sta nella “merce particolare” che è acquistata dal capitalista: la forza-lavoro,
  • che ha infatti come valore d’uso la capacità di produrre valore(di scambio).
  • Il capitalista compra dall’operaio la forza lavoro e la paga, come le altre merci, con ciò che basta per riprodurla (= quanto basta a mantenere in vita l’operaio).
  • Di una giornata lavorativa dell’operaio: Solo una parte (tempo di lavoro necessario) serve perciò per produrre il valore del suo salario; tutto il resto (tempo di lavoro supplementare) va a vantaggio del capitalista. Esempio: salario di una giornata lavorativa10 €, valore prodotto in una giornata lavorativa 15 €, plusvalore che va al capitalista 5 €

 

E la futura società comunista?

Marx ha scritto pochissimo sulla futura società comunista:

  • I detrattori parlano di “vuoto teorico”, mentre per i marxisti ciò è indice di “scientificità”:
  • Marx non vuol essere un utopista, ma interpretare i fenomeni storici in atto ai suoi tempi: <<Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presenti>>.
  • Sulla base di questo “movimento reale” Marx può prevedere che nella società comunista si realizzerà il superamento:
  1. della proprietà di privata e della divisione del lavoro che ne è all’origine;
  2. delle classi sociali e del rapporto antagonistico tra gli uomini,
  3. degli strumenti necessari al dominio di classe quali lo stato.

Per Marx abolizione della proprietà privata non si traduce in proprietà di tutti:

  • tale sarebbe non l’abolizione ma l’universalizzazione della situazione dell’individuo nella società borghese;
  • nel vero comunismo, invece, l’uomo, supera l’orizzonte sociale e antropologico della proprietà e cessa di intrattenere con il mondo rapporti di puro possesso e consumo.
  • La dialettica delle classi è il motore della vicenda umana, fino all’avvento del comunismo. Che cosa accade dopo?
  • Marx non esclude ulteriori progressi, anche se dichiara esplicitamente che non saranno spinti dalla contraddizione.
  • Ma quale novità è possibile dopo che si è chiusa la “preistoria dell’umanità”?
  • Alla dittatura del proletariato seguirà il superamento dello stato che, in quanto strumento per il dominio di classe, verrà meno con le classi stesse.
  • L’ideale marxista è quindi anarchico, anche se l’abolizione dello stato è una conseguenza ultima della trasformazione sociale e non un obiettivo immediato.
  • Con la società comunista si realizzerà quindi un vero e proprio mutamento antropologico.
  • Nella società comunista gli uomini non sono obbligati al lavoro, ma possono realizzarsi secondo le proprie capacità e attitudini che sono in ciascuno diverse.
  • Il godimento dei beni non è soggetto alle restrizioni privatistiche, né a livellamenti egalitaristi, ma avviene per ciascuno secondo le proprie differenti esigenze.
  • Ognuno secondo le sue capacità; a ognuno secondo i suoi bisogni!

[1] Nella lingua ordinaria il termine diventa sinonimo di ipotesi, indica cioè possibilità astratta (ed è quindi contrapposto a pratica), ovvero si riferisce a un modo soggettivo di pensare, a un’opinione: in teoria le cose dovevano andare così, ma in pratica sono andate molto diversamentele tue t. non mi convincono.

[2] prassi s. f. [dal gr. πρᾶξις «azione, modo di agire», der. di πράσσω «fare»]. – 1. In genere, l’attività pratica, spec. in quanto contrapposta all’attività teorica o speculativa. Nel linguaggio filosofico contemporaneo, e in particolare. in alcune correnti marxiste, il condizionamento storico-economico, esercitato dai rapporti di produzione sulle varie forme dell’ideologia e dell’attività speculativa: filosofia della p., v. filosofia, n. 1; rovesciamento della p., v. rovesciamento.

[3] Si intende che la realtà non è statica, ma è dinamica, cioè ha in sé delle forze che ne determinano il cambiamento

[4] Spesso parliamo di Stato, di famiglia, di società, come se fossero degli Enti concreti che prescindono da chi ne fa parte. Per Marx, invece, l’unica cosa concreta sono gli individui che danno vita a quelle che lui chiama Sovrastrutture

[5] Per materialismo si intende partire da un’indagine diretta della realtà concreta. m. storico, concezione filosofica elaborata da Marx e da Engels secondo la quale è il grado di sviluppo storicamente raggiunto dalle forze produttive materiali (modo di produzione e tecniche produttive) a determinare i rapporti di produzione (v. rapporto) costituenti la struttura economica della società: a tale struttura corrispondono, dipendendone, le forme della vita associata (le istituzioni politiche e le leggi, e inoltre le forme artistiche, religiose, pedagogiche, ecc.), per cui non sarebbero la coscienza o la volontà degli uomini a determinare le relazioni sociali, bensì, al contrario, queste ultime a determinare la coscienza individuale.

[6] Nel linguaggio filosofico, il termine è stato assunto a indicare in genere il trasferimento (effettivo o apparente, avvenuto o presunto, spontaneo o imposto) di qualche cosa di significativo, costitutivo o essenziale, da un centro di riferimento o di possesso ad altro, nell’ambito culturale e vitale della soggettività umana. b. Nel pensiero di Marx e nel marxismo si insiste sull’estraniazione (o anche lo spossessamento) del prodotto del proprio lavoro a cui l’operaio salariato è costretto dai rapporti di produzione capitalistici e in particolare dal capitalista che ne compra la forza-lavoro. c. Nella psicanalisi post-freudiana, e nella scuola sociologica di Francoforte, le riflessioni sull’alienazione di sé, della propria natura e della possibilità di crescita interiore, che l’uomo compirebbe nell’economia e nella società dei consumi preferendo l’avere all’essere

plusvalóre s. m. [comp. del lat. plus «più» e dell’ital. valore, calco del ted. Mehrwert, che è stato tradotto talora anche con più valore]. – 1. Lo stesso che plusvalenza. 2. Nel pensiero marxiano, grandezza che esprime la valorizzazione del capitale, e in partic. del capitale variabile speso nell’acquisto della forza lavoro: più precisamente è la parte del prodotto del lavoro (neovalore) che l’imprenditore-capitalista trattiene una volta remunerati i lavoratori salariati, e appare come eccedenza sul valore anticipato in impianti, strumenti, materie prime e salarî, costituendo la base dell’accumulazione capitalistica; può essere aumentato sia estendendo la durata della giornata lavorativa oppure aumentando l’intensità del lavoro (p. assoluto), sia riducendo il valore dei mezzi di sussistenza per mezzo di un aumento generalizzato della produttività del lavoro (p. relativo); saggio di p. (o saggio di sfruttamento), il rapporto tra il plusvalore e la parte del capitale spesa in salarî (distinto dal saggio di profitto che invece commisura il plusvalore all’intero capitale anticipato).