Il Socialismo utopistico di Proudhon

Nato nel 1809 e morto del 1865, Pierre Joseph Proudhon fu uno dei rappresentanti più importanti di quello che è stato definito socialismo utopistico, dimostrandosi un convinto sostenitore dell’autogestione operaia della produzione. Uno dei suoi scritti più importanti è quello dal titolo Che cos’è la proprietà privata?, opera in cui attacca senza mezzi termini il capitalismo affermando che <<la proprietà privata è un furto>>. Immaginatevi l’effetto di questa affermazione all’interno degli ambienti borghesi del 1800: ma cosa voleva dire Proudhon? Semplicemente che la proprietà privata è un furto perché il capitalista non corrisponde all’operaio l’intero valore del suo lavoro, appropriandosi del lavoro collettivo. Nel merito dobbiamo chiarire che non è contrario alla proprietà privata in quanto tale, ma solo a quella che assicura un reddito senza lavoro. La proprietà privata può essere giustificata solo se assicura la libertà, ma quanto rende libero pochi, i capitalisti, a scapito dei molti, i lavoratori, allora è un furto. E’ evidente che Proudhon non condivide l’organizzazione economica e sociale del capitalismo che, va cambiata, ma in quale direzione? Non certo a favore del comunismo che considera <<una religione intollerante, orientata verso la dittatura>>. L’ipotesi comunista non piace a Proudhon perché la persona è asservita alla società, lo Stato nel comunismo diventa proprietario non solo dei beni materiali, ma anche dei cittadini. Il comunismo intende nazionalizzare non solo le industrie, ma anche la vita stessa dei cittadini. L’alternativa sta in una riorganizzazione economica in base alla quale <<i lavoratori diventino proprietari dei mezzi di produzione e che, pertanto, abbiano la possibilità di autogestire il processo produttivo>>, solo così il lavoratore non sarà schiavo e beneficerà del progresso tecnologico. Proudhon pensa anche ad una società organizzata per competenze, in cui ogni gruppo avrà una funzione speciale e tutti si limiteranno vicendevolmente garantendo libertà e giustizia: la libertà dalla strapotere dello Stato, la giustizia contro l’appropriazione capitalistica del lavoro degli operai. Poco capito dai suoi contemporanei ai quali appariva come un utopista, Proudhon ha rappresentato un punto di riferimento sopratutto per le future organizzazioni di cooperative. Tra le sue idee innovative va ripresa senza dubbio l’idea dell’istituzione di una Banca di scambio dove la moneta è sostituita  da “buoni di circolazione” emessi dalla banca e garantiti dai prodotti degli aderenti alla banca. Il suo pensiero fu costantemente richiamato dal sindacalismo francese degli anni sessanta. Interessante il suo costante richiamo al rispetto della dignità umana in qualsiasi persona e in qualsiasi circostanza esse si trovi compromessa.